Lontani ma Vicini |  Rubrica a cura dei ragazzi dell’Istituto Sant’Apollinare durante il periodo del coronavirus

Pimpolari Tommaso
Liceo Classico

La mia vita al tempo del Coronavirus

Mi sembra passato tantissimo tempo e invece riflettendoci sono solo 15 giorni che il mondo è cambiato.
Dovevo partire per una gita scolastica in Grecia la aspettavo da tanto… e il giorno prima è saltato tutto! Mi è dispiaciuto molto ma l’annuncio della chiusura della scuola, una specie di vacanza senza compiti, e l’idea che il viaggio era solo rinviato mi hanno presto consolato.
Poter dormire la mattina. E poi era solo per 15 giorni…
Poi è saltato anche lo scambio culturale con un coetaneo greco… Anche questa una cosa che stavamo organizzando da mesi. Un altro rinvio.
All’inizio questa vita casalinga, anche se forzata, era piacevole. Flaminia ed io ci siamo dati alla cucina, alle serie su Netflix, all’ozio più sfrenato. Finalmente ci siamo goduti un po’ le nostre nuove camere, ognuno finalmente ha il suo spazio. Non ci ho fatto molto caso e non mi pesava poi così tanto non uscire. Sono sempre stato pigro.
Ma qualcosa non andava. Il viso preoccupato di mamma e di papà…soprattutto di mamma.
Poi nonna ha cominciato a venire di meno a casa nostra, alla fine a non venire proprio. Neanche noi possiamo andare a trovarla. La sentiamo al telefono. È bravissima! Ha addirittura imparato a fare le video chiamate con WhatsApp. Impensabile fino a poco tempo fa.
Mamma le porta la spesa ma gliela lascia in ascensore.
Il mio collegamento con il mondo è il mio smartphone, quello non è cambiato.
Il grande vantaggio di questo periodo di crisi, credo sia proprio la tecnologia. La possibilità di restare “connessi” anche se si è chiusi in casa, di essere isolati tutti insieme. Poter lavorare da casa. Infatti, anche papà è rimasto a casa.
Che strana situazione! Una presenza quasi ingombrante con cui dividere non solo il divano ma lo spazio di casa. Poi la scuola a distanza. 3 persone in casa e 3 postazioni … chi collegato con la scuola chi con il lavoro. Ognuno chiuso in una stanza per non disturbare l’altro.
E noi per fortuna abbiamo 3 stanze disponibili, 3 computers, 3 cellulari.
La cosa strana è che sta cambiando tutto, non solo il mio mondo ma in modo irreale tutto si è fermato. I Teatri e i cinema prima. Poi i ristoranti. Poi gli uffici adesso anche la posta sta riducendo i giorni di attività, i supermercati l’orario di apertura. I negozi cinesi sono stati i primi a chiudere. Tutti insieme. Forse hanno ricevuto direttive dalla Cina dove già l’epidemia impazzava. Ma nessuno si è rammaricato perché erano visti come una fonte di contagio.
Scopro che i vicini, un’entità astratta fino a ieri, sono persone reali.
Usciamo tutti in terrazzo da alcuni giorni o ci affacciamo alle finestre per un appuntamento quotidiano nato per gioco diventato irrinunciabile, durante il quale tutti si esibiscono in performances improvvisate. Le strade sono deserte.
Incredibile vedere da casa mia l’Olimpica vuota. Il bar “Il pappagallo” sotto casa mia, famoso per non chiudere mai giorno e notte (non sono mai esistiti Natale Pasqua o Ferragosto) ha chiuso i battenti! Adesso si vive sospesi. Non si fanno programmi. Le date di rientro, di fine crisi sono sempre più incerte.
Forse la terza guerra mondiale è questa: il mondo intero contro un nemico subdolo perché invisibile. E si combatte restando a casa. Fermando tutto. Tenendo il mondo fuori.
L’unico collegamento con l’esterno è mamma L’unica che continua ad uscire. Lei lavora in Ospedale e non può stare a casa. Va lei a fare la spesa e compra le cose irrinunciabili.
Non sembra preoccupata di uscire, armata di mascherina e sorriso, ma io so che ha paura, paura di non rientrare a casa da sola, ma con quel maledetto virus.