Lontani ma Vicini |  Rubrica a cura dei ragazzi dell’Istituto Sant’Apollinare durante il periodo del coronavirus

Cuiuli Maria Letizia
Liceo Classico

Riflessione sul tempo del Coronavirus

Se anni fa un indovino avesse predetto che nell’anno 2020 saremmo stati obbligati, per settimane, a rimanere chiusi nelle nostre case per non essere infettati da un pericoloso virus, avremmo fatto solo una sonora risata!
E invece noi, abituati a viaggiare in ogni parte del mondo, a vivere quotidianamente in mezzo a tanta gente, amanti dei luoghi affollati e caotici, ci siamo trovati, da un giorno all’altro, costretti a vivere rintanati nelle nostre case, avendo solo i social come unico mezzo di contatto con il mondo esterno.
Quante volte ci sarà capitato, nei momenti di nervosismo e di sconforto, di dire: “… come vorrei stare da solo e non vedere più nessuno!”, ed ora che, a convivere con questa solitudine, siamo costretti per necessità, ci sentiamo persi!
Stiamo apprezzando quella quotidianità di cui prima non avevamo consapevolezza e della quale, a volte, ci lamentavamo. Cosa daremmo oggi per tirarci su dal letto un po’prima e andare a scuola, condividere con i nostri compagni ansie ed apprensioni per compiti in classe e interrogazioni, aspettare la ricreazione per ridere e scherzare con loro e attenuare la tensione.
Invece le nostre giornate sono tutte uguali, scandite dalle stesse cose e con gli stessi ritmi.
Proprio l’altra sera parlando al telefono con mia nonna discutevamo di come, alla fin fine, da sempre, ogni generazione si è trovata ad affrontare delle sfide: a chi è toccata la guerra, e ne ha sentito l’odore e le privazioni, a chi convivere con malattie oggi curabili, come lebbra e malaria, ma che in passato hanno mietuto numerosissime vittime … a noi, oggi, è toccato convivere con questo virus, ed è questa la nostra sfida!
Saremo all’altezza?
Ad oggi, stando alle notizie che arrivano nelle nostre case attraverso i mezzi di comunicazione, siamo ancora in grossa difficoltà, i nostri ospedali stanno facendo enormi sacrifici per far fronte a questa situazione; tante persone, anziani soprattutto, stanno andando via in silenzio, senza una carezza, senza nessuno che gli stringa una mano, senza neanche un ultimo bacio da parte di chi, per tutta la vita, li ha amati … e questo è veramente disumano!
Ma dobbiamo farcela! Ognuno deve impegnarsi a fare la sua parte.
Io, nel mio piccolo, restando a casa spero di contribuire a diminuire il numero dei contagiati e quindi non intasare gli ospedali aggravando il lavoro di medici ed infermieri che in questo periodo sono veramente degli “Angeli” che mettono a repentaglio la propria vita per salvarne delle altre.
Tutto è partito dalla Cina lo scorso mese di novembre ma nessuno, allora, ha dato il giusto peso a quello che in Oriente stava accadendo. Pensavamo che il problema fosse solo loro, troppo lontano da poterci toccare. Ne parlavamo quasi con spavalderia e saccenza e, ostentando una ingenua quanto stupida superiorità (… ma questo lo abbiamo ahimè compreso solo dopo), pensavamo: “Ma che sciocchi sti cinesi, chiudere tutto per una influenza”; ci siamo illusi che sarebbe bastato non andare in un negozio o in un ristorante gestito da cinesi, o allontanarci appena ne incontravamo uno, per non esserne infettati.
Ma non era così … l’illusione è durata poco e ci siamo ritrovati, nel giro di pochi giorni, a dover affrontare, impreparati e senza una cura sanitaria riconosciuta, questa pandemia mondiale.
Nella drammaticità del momento, però, abbiamo anche scoperto di vivere in un Paese in cui la solidarietà, il reciproco sostegno e la reciproca assistenza sono valori non dimenticati: numerosi sono stati i medici, gli infermieri e i volontari che hanno lasciato le proprie case per mettere la professionalità e le capacità acquisite al servizio delle zone più colpite.
Tanti i paesi, europei e non, che hanno inviato aiuti all’Italia, mandando dispositivi medici di protezione, farmaci e professionalità, in alcuni casi addirittura accogliendo e curando, nei propri ospedali, dei malati italiani (Germania).
È questa solidarietà, insieme all’umanità dimostrata, l’unico aspetto positivo che questo “virus” ha portato con sé: scoprire finalmente di appartenere tutti ad un unico genere.
Io, nel mio piccolo, ho scoperto un nuovo modo di fare scuola, chattare con i miei compagni non è più’ il diversivo di un momento ma l’unico mezzo che ci è rimasto per comunicare; la domenica, non potendo più andare nella nostra Parrocchia, con i miei genitori ci ritroviamo assieme davanti al televisore, non più a vedere un film ma ad ascoltare la Santa Messa e a pregare insieme.
Insomma stiamo scoprendo valori e sentimenti dimenticati, un nuovo modo di vivere … e quando finalmente, speriamo presto, i cancelli delle fabbriche si riapriranno, le campanelle ricominceranno a suonare nelle aule scolastiche e per le strade torneremo a sentire il rumore delle auto, allora ci ricorderemo di questi momenti di solitudine e di tristezza e apprezzeremo quei piccoli gesti quotidiani, abbracci, strette di mano e carezze che rendevano, senza che noi ce ne accorgessimo, le nostre giornate “meravigliose”.