Lontani ma Vicini |  Rubrica a cura dei ragazzi dell’Istituto Sant’Apollinare durante il periodo del coronavirus

Adriani Matteo
Liceo Scientifico

Una lettera da me stesso nel 2021

Sono le dieci di mattina del 7 aprile 2021; è primavera finalmente. Oggi però è il compleanno di mia madre e devo assolutamente uscire per comprarle un regalino.
È una bellissima giornata di sole ed è molto piacevole uscire, sentire il tiepido calore sul viso. Ancora le strade non sono completamente affollate.
Ma perché devo correre? Ho tutto il giorno a mia disposizione, posso godermi una sana passeggiata per i vicoli e i verdi parchi di Roma, guardare le vetrine e le opere d’arte che mi circondano, posso prendermi un gelato!
Mentre passeggio sul Lungotevere ancora non trafficato, quasi “deserto”, la mia mente mi porta indietro nei ricordi. Quella Pasqua del 2020! Quei mesi trascorsi dentro le mura di casa, obbligati a non andare da nessuna parte, neanche a scuola. Ricordo che sono stati proprio i professori a venire da noi, attraverso Internet si sono collegati per portare a termine il nostro lavoro lasciato a metà quel giorno che non dimenticherò mai: l’11 marzo.
È stato molto pesante e duro sapere che dovevamo rimanere a casa per un tempo indeterminato, ma in loro compagnia le giornate sono passate più velocemente e con tante risate.
Però mi è mancato tanto il contatto, il sentire vicino delle persone reali e non virtuali. L’attesa dell’ora di ginnastica e le corse per raggiungere in fretta il campetto di calcio, le chiacchierate in corridoio con gli amici e i professori.
Questo silenzio oggi è piacevole ma in quei giorni, specie la sera, era tremendo e assordante.
La mia bella città, sempre affollata, all’improvviso era diventata un fantasma, silenziosa, buia, sola.
Una città senza vita non è una città.
Ora che sto pensando a ciò, a tutto quello che ho vissuto, mi sta tornando quel sentimento di angoscia e paura. Sono stati dei giorni a dir poco tremendi, non vedevo la fine di questa infinita “quarantena”. Era come se mi trovassi in un lungo e buio corridoio senza uscita.
Hanno paragonato la pandemia alla guerra, ma la guerra distrugge, distrugge palazzi, strade, ponti, città e famiglie. Il virus ci ha tolto ciò che è nostro, gli abbracci, le strette di mano, i sorrisi che comunque cercavamo di fare per guardare oltre, attraverso lunghe videochiamate.
Il Virus ci ha tolto tutto ma non ci ha tolto niente, non ci ha tolto la voglia di combattere e andare avanti. Non ci ha tolto il gusto di godere delle cose semplici.
Oggi assaporo questa giornata di sole, questa passeggiata, questa folla e i sorrisi e il vociare della gente che in quei giorni di “prigionia” mi sono mancati.
Ho capito che Nulla è scontato e Nulla è per sempre, bisogna andare con calma e con serenità. Godersi le cose semplici che la Natura ci ha donato.
Ho imparato a essere più rispettoso nei confronti degli altri, a condividere e a sorridere alla vita.
Spero che quei giorni non ritornino più!
Ora corro ad abbracciare mia madre…