Lontani ma Vicini |  Rubrica a cura dei ragazzi dell’Istituto Sant’Apollinare durante il periodo del coronavirus

Vismara Giovanni
Scuola Media

Riflessioni sul coronavirus

Sono giorni che continua così: non si può uscire di casa se non per seri motivi, bisogna lavarsi continuamente le mani … tutto per colpa dell’essere più piccolo e debole dell’universo: il virus. Questo io lo so e lo ripeto continuamente, come se servisse a farlo diventare meno fastidioso. Questa malattia si chiama CoVid 19 e fa parte della famiglia dei Coronavirus. Provoca febbre, tosse e vari altri sintomi respiratori, più o meno gravi. In alcuni casi si può anche finire in terapia intensiva e morire. Si è sviluppato in Cina, passando dal pipistrello all’uomo, dopodiché si è espanso a velocità incredibili, approfittando del capodanno cinese. Alla fine, è arrivato anche in Italia e nel mondo. Nonostante autorità e giornalisti continuino a dire che andrà tutto bene e che è tutto sotto controllo, so benissimo che c’è un reale pericolo. Io sono un bambino e perciò ho più possibilità di sopravvivere se contagiato, ma che ne sarà dei miei genitori e nonni? Poco fa ho aggiornato il mio “Diario dell’epidemia”. «La prossima civiltà (se ce ne sarà una) vorrà sapere come si è estinta la precedente» dico sempre io quando mia madre esprime i suoi dubbi su di esso. La scuola è chiusa, anche se continuiamo a fare lezione online, e non si può uscire. Io però non sono troppo triste. Sono sempre stato un tipo casalingo, in fin dei conti, perciò questa clausura forzata non mi è troppo pesante, in confronto ad altri ragazzi più sportivi. In fondo, riflettere su cosa sta succedendo è l’unica cosa da fare contro il virus, oltre a lavarsi spesso le mani. Ovunque la gente indossa mascherine protettive e la paura per il contagio aumenta di giorno in giorno. Io tento di prenderla con filosofia e durante il tempo libero penso. Già perché, anche quando il corpo è vincolato alla terra, il pensiero può librarsi nel cielo.
D’altronde la storia umana è piena di epidemie. La peste, il colera, il vaiolo, persino il morbillo. Anche ai giorni nostri ci sono state alcune epidemie che hanno imperversato per il mondo, come l’ebola, l’aviaria e la SARS. Nei tempi antichi si pensava che le epidemie fossero una punizione divina e si facevano processioni e preghiere. Più tardi, nel XVII-XVIII sec, si capì che i responsabili erano i microbi e si inventarono i primi vaccini. Oggi, con le apparecchiature mediche più sofisticate, le epidemie rappresentano un pericolo molto minore rispetto a duecento anni fa. Nonostante ciò, una cosa è rimasta invariata: la paura. L’uomo ha sempre avuto paura di ciò che non conosce e probabilmente non conoscerà mai tutto, e anche se ogni giorno si scopre qualcosa di nuovo, continua a temere la fragilità della sua esistenza, che può essere messa in pericolo da queste cose invisibili ed intangibili.